Buongiorno miei cari, oggi in occasione del Blogtour dedicato a Nel regno delle Chimere vi condivido un approfondimento dell'autrice Virginia Tedeschi Treves.
In un’epoca in cui le donne erano confinate tra le pareti domestiche e raramente ammesse nei salotti culturali come protagoniste,Virginia Tedeschi Treves – meglio conosciuta come Cordelia – riuscì nell’impresa di lasciare un segno profondo nella letteratura, nell’editoria e nel pensiero femminile italiano.
Nata a Verona il 22 marzo 1849, Virginia crebbe in un ambiente colto e privilegiato, che le permise un’istruzione approfondita e una precoce inclinazione alla scrittura. La sua scelta di firmarsi “Cordelia”–ispirata alla figlia fedele e silenziosa del Re Lear shakespeariano – dice molto della sua visione della femminilità: riservata ma decisa, dolce ma profonda.
Una penna al servizio dell’identità femminile
Il suo primo romanzo, Il regno della donna, vide la luce nel 1879. In un’Italia ancora acerba e patriarcale, Cordelia offriva un’immagine della donna saldamente radicata nel ruolo domestico, ma non come gabbia: come regno affettivo e spirituale, fonte di poesia quotidiana. Non era ancora il femminismo di rottura, ma una premessa gentile, forse più strategica, per entrare nel cuore dei lettori (e delle lettrici) dell’epoca.
Ma Virginia non si fermò alla narrativa: con il marito Giuseppe Treves, cofondatore dell’illustre casa editrice milanese Fratelli Treves, partecipò attivamente alla vita culturale della città. La loro casa divenne punto di incontro per le voci più brillanti dell’epoca: da Gabriele D’Annunzio a Arrigo Boito, da Anna Kuliscioff a Giovanni Verga. Era una donna che sapeva ascoltare, ma anche influenzare.
Cordelia per i piccoli: educazione, avventura e valori
Una delle grandi eredità di Cordelia è senz’altro la sua produzione per l’infanzia. Dirisse per vent’anni due delle riviste per ragazzi più amate del tempo, Giornale dei fanciulli e Mondo piccino. In un’Italia che cercava di formare nuovi cittadini, lei educava i bambini al senso civico e morale con racconti, fiabe e traduzioni di avventure firmate Stevenson o Salgàri.
Libri come Nel regno delle fate (1884) e la celebre serie Piccoli eroi
raccontavano vite esemplari di bambini e ragazzi che, con coraggio e bontà, affrontavano le difficoltà della vita. Non c’era retorica, ma uno
sguardo pedagogico profondo e moderno: l’infanzia come seme del futuro.
Dal focolare all’emancipazione
Col passare degli anni, Cordelia cambiò. E come accade solo alle grandi menti, fu capace di evolversi. Dai toni iniziali che idealizzavano il ruolo femminile nella sfera privata, giunse a visioni più coraggiose.
Ne è testimone uno dei suoi ultimi scritti, Le donne che lavorano
(1916): un saggio che promuoveva il lavoro femminile non solo come necessità economica, ma come strumento di libertà personale e
autorealizzazione.
Fu una vera pioniera. Partecipò al primo Congresso delle donne italiane nel 1908, e sostenne la nascita di un Liceo femminile a Milano, convinta che istruzione e cultura dovessero essere accessibili a
tutte. Dopo la morte del marito nel 1904, prese le redini della casa editrice familiare, contribuendo a orientare il gusto letterario nazionale.
Una donna del suo tempo, oltre il suo tempo
Cordelia morì a Milano il 7 luglio 1916 , mentre l’Europa era sconvolta dalla guerra e il mondo cambiava a velocità vertiginosa. Eppure, la sua voce – discreta ma incrollabile – continuò a vivere nei
libri, nei ragazzi che aveva ispirato, nelle donne che cominciavano a reclamare spazio nella società.
Oggi, parlare di Virginia Tedeschi Treves significa restituire luce a una figura che ha saputo attraversare il suo secolo con intelligenza, delicatezza e coraggio. Ha costruito ponti tra generazioni, educando i
piccoli e sostenendo le grandi battaglie delle donne. Una vera madre culturale, che ha scelto come arma la parola e come alleato il tempo.
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